Pubblicato il 20/11/2025
Gestire il protagonismo al tavolo di gioco è una delle sfide più delicate per qualsiasi master. Siamo abituati a parlare di chi prende troppo spazio, ma esiste anche il caso opposto. Ci sono giocatori che partecipano poco, restano spesso ai margini della scena, eppure a fine sessione ti dicono che si sono divertiti. Sono i giocatori che potremmo chiamare giocatori defilati.
Un giocatore defilato non è per forza timido o disinteressato. Spesso è presente alle sessioni, ascolta, segue la storia, ride con il gruppo, interviene nei momenti chiave. Semplicemente non cerca mai il centro della scena.
Questo tipo di giocatore tende a evitare le inquadrature lunghe sul proprio personaggio. Quando arriva il momento del grande monologo, della scelta morale difficile o della scena personale intensa, preferisce restare in secondo piano. Può chiedere di risolvere il proprio “arco” in modo rapido, oppure spostare l’attenzione sugli altri personaggi del party.
Non è un problema di scarsità di partecipazione. È un diverso modo di vivere il gioco. Alcuni si divertono a brillare sotto i riflettori. Altri si divertono osservando, supportando, facendo da spalla.
Le ragioni possono essere molteplici e spesso si sovrappongono. Capirle aiuta a gestire meglio la dinamica al tavolo.
Alcuni giocatori trovano semplicemente più appagante stare un passo indietro. Si divertono a:
Per loro, il gioco di ruolo è un’esperienza condivisa, non una vetrina individuale. La partecipazione silenziosa non è mancanza di interesse, è una forma diversa di coinvolgimento.
In altri casi ci sono elementi più delicati. Il giocatore potrebbe:
Qui il rifiuto del protagonismo non è una preferenza positiva ma una forma di protezione. Il giocatore si ritrae per evitare un possibile disagio.
A volte la causa è più strutturale che personale. Un tavolo molto affollato, con giocatori abituati a parlare tanto e in fretta, può schiacciare chi ha tempi più lenti. Se la conversazione corre sempre, chi non ama interrompere finisce per restare in disparte. In questi casi serve una gestione consapevole del ritmo al tavolo e dei turni di parola.
Il primo passo è sorprendentemente semplice. Bisogna parlarne. Non per “correggere” il giocatore ma per capire se il suo comportamento è una scelta consapevole oppure il risultato di paure e insicurezze.
Una breve chiacchierata fuori sessione può chiarire tanti dubbi. L’obiettivo è metterlo a proprio agio e offrirgli uno spazio sicuro per esprimersi.
Alcune domande utili possono essere:
Se il giocatore ti conferma di essere soddisfatto del proprio spazio e del proprio ruolo, allora il suo è un vero giocatore defilato. In questo caso non c’è nulla da “aggiustare”. Si tratta di rispettare il suo modo di giocare e trovare il modo di integrarlo al meglio nella dinamica del gruppo.
Un principio fondamentale è che non tutti devono giocare allo stesso modo. Pretendere che ogni giocatore ami la stessa quantità di protagonismo è una forma sottile di imposizione. Il ruolo del master non è standardizzare le esperienze ma mettere ogni giocatore nelle condizioni di divertirsi.
Questo significa due cose.
La prima è rispettare chi non vuole la scena su di sé, evitando di trascinarlo in archi narrativi forzati, interrogatori al personaggio o scene “a freddo” che possono risultare imbarazzanti.
La seconda è evitare che il loro modo di vivere il gioco rompa l’equilibrio complessivo del tavolo. Un giocatore defilato che si diverte, contribuisce quando serve e non frena gli altri è un elemento sano del gruppo. Il problema nasce solo se la sua ritrosia rende più difficile la coesione del party o impedisce a trame importanti di svilupparsi.
Coinvolgere non significa spingerlo sul palco controvoglia. Significa offrirgli spazi pensati su misura, in linea con il suo livello di comfort. Alcune tecniche possono aiutare.
Invece di costruire lunghe trame interamente centrate sul suo personaggio, puoi puntare su piccoli momenti mirati all’interno delle normali sessioni. Attimi in cui il suo contributo è importante ma non unico, e soprattutto non è caricato di aspettative drammatiche.
Questi micro-momenti permettono al giocatore di sentirsi utile e riconosciuto, senza dover reggere da solo l’intera scena.
Molti giocatori defilati si trovano a proprio agio con ruoli di supporto ben definiti. L’importante è che questi ruoli siano realmente significativi nella fiction.
In questo modo il personaggio resta spesso sullo sfondo, ma diventa un pilastro del party. Quando serve, tutti sanno che è lì e che il suo contributo cambia davvero la situazione.
Per chi fatica a parlare davanti al gruppo, può essere utile offrire canali paralleli di partecipazione. Per esempio:
Questo tipo di approccio riduce la pressione. Il giocatore contribuisce in profondità alla storia, ma lo fa in contesti più controllati, che non lo espongono troppo.
A volte la difficoltà non nasce dal giocatore che evita il protagonismo, ma dal resto del tavolo. Se uno o due partecipanti tendono a monopolizzare l’attenzione, ogni spazio concesso agli altri diventa fragile. In questi casi è necessario lavorare su chi prende troppo, non su chi prende meno.
Gestire lo spazio in modo equo può voler dire:
Per un giocatore defilato, un tavolo più equilibrato significa avere la libertà di intervenire quando se la sente, senza l’ansia di dover lottare per ogni spazio.
Alla fine la domanda centrale è una sola. Il giocatore si diverte? Se la risposta è sì, e se il suo comportamento non danneggia il divertimento degli altri, allora il suo modo di giocare è perfettamente legittimo.
Ci sono giocatori che vivono la partita come un palcoscenico. Altri la vivono come un romanzo collettivo in cui amano soprattutto leggere e commentare. Alcuni sono protagonisti dichiarati. Altri sono presenze silenziose ma fondamentali, che tengono insieme il gruppo e ne sostengono il tono.
Il compito del master non è trasformarli in qualcosa che non sono. È ascoltarli, capirli e creare uno spazio in cui possano sentirsi al sicuro, riconosciuti e valorizzati. Anche se non vorranno mai, consapevolmente, stare sotto la luce dei riflettori.
Il tema dei giocatori defilati ci ricorda una verità semplice ma spesso sottovalutata. Non esiste un solo modo “giusto” di partecipare a un gioco di ruolo. Esistono stili, preferenze, bisogni diversi.
Parlare apertamente con i propri giocatori, rispettare i loro limiti, offrire spazi su misura e non forzare nessuno sotto i riflettori sono pratiche che rendono il tavolo più sano. Anche un giocatore che parla poco, che preferisce restare in un angolo della scena, può essere parte essenziale di una campagna memorabile.
La vera misura del successo non è il tempo che passa al centro. È quanto ognuno, nel proprio modo, esce dalla sessione pensando di aver vissuto qualcosa di bello.
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