Pubblicato il 28/9/2025
Il combattimento nei giochi di ruolo è come il caffè: se è fatto bene, ti tiene sveglio, crea tensione e ti resta in mente per giorni. Se è fatto male, è solo una routine meccanica di numeri, turni e spadate a vuoto.
Hai mai avuto la sensazione che uno scontro fosse solo una lista della spesa di attacchi e danni? Allora questo articolo fa per te.
Ecco 10+1 regole non scritte per rendere ogni combattimento una storia nella storia. Da usare, rompere, reinventare. Soprattutto se giochi in un’ambientazione horror, sporca, o post-apocalittica.
Un combattimento che non ha niente da perdere è solo una ginnastica con i dadi. Ogni scontro deve minacciare qualcosa: una vita, un legame, un’idea. Ferite permanenti, armi spezzate, contaminazioni, perdite mentali. Non serve uccidere i PG, ma far capire che potrebbero morire.
“Un colpo e senti l’osso spezzarsi. Non farai più affidamento su quel braccio… almeno per ora.”
Stai combattendo su un tetto? Che succede se qualcuno cade? In un laboratorio? E se esplode qualcosa? In un borgo abbandonato? E se crolla il pavimento?
Il luogo del combattimento deve influenzare la lotta. E viceversa.
Un troll colpisce il muro… che si spacca, rilasciando radiazioni o un gas tossico. Ora combatti, ma anche tossisci.
Non sono PNG con la scritta “sconfiggimi” sulla fronte. Vogliono sopravvivere, saccheggiare, proteggere qualcuno, scappare, guadagnare tempo. Falli reagire in base a quello.
Se ottengono quello che vogliono, scappano. O trattano. O si suicidano, se hanno giurato fedeltà a una causa.
Un combattimento che si trascina è un combattimento morto. Appena senti che cala il ritmo: cambia qualcosa. Arriva un altro gruppo. Si spezza un ponte. Si apre un portale.
Dopo tre round, qualcosa deve succedere.
Evita il “il troll è debole al fuoco” detto in faccia. Meglio: lo capiscono se lo vedono indietreggiare. O se un PNG lo dice. O se lo scoprono a tentativi.
Ogni nemico ha una forza. Ma anche un tallone d’Achille, spesso nascosto.
Chi sta combattendo? Il PG o il fratello del nemico? È una vendetta o un malinteso? Qualcuno ha paura? Qualcuno ha un motivo per non voler uccidere?
Nessuno ricorda quanta CA aveva il nemico. Ma tutti si ricordano di quando hanno dovuto scegliere chi salvare.
Se un giocatore fa qualcosa di assurdo, premialo. Anche se non ha regole. Anzi: soprattutto se non ha regole.
“Voglio usare il mantello per impacchettare la bomba e buttarla nella vasca di acido”. Sì, fallo.
Non c’è solo da vincere: c’è da difendere un oggetto, recuperare un alleato, distruggere qualcosa prima che sia troppo tardi. E magari mancano proiettili, pozioni, o il tempo.
La vera battaglia non è uccidere i nemici. Ma decidere cosa sacrificare per farcela.
Il combattimento è parte della storia. Non deve interrompere il flow. Se c’è una rivelazione, un tradimento, un colpo di scena… mettilo lì, nel mezzo del caos.
Il nemico cade a terra. Ma con l’ultimo respiro, sussurra: “Non ero io il vero mostro.”
Fai in modo che ogni PG abbia un momento di gloria. Che sia un colpo critico, una trovata narrativa o un’idea geniale.
Se uno resta fermo per tre round, non è colpa sua. È colpa del design dello scontro.
Un combattimento ben fatto non si dimentica. Lascia qualcosa: un arto perso, un oggetto maledetto, un incubo ricorrente.
Il corpo guarisce. Ma la mente… forse no.
Il combattimento nei GDR non è solo calcolo. È teatro, è emozione, è caos. Non esiste un solo modo per renderlo epico, ma se ascolti il tavolo, reagisci alle scelte e tieni viva la tensione… beh, preparati a vedere i tuoi giocatori sul bordo della sedia.
E se il tuo sistema non ti aiuta, allora forzalo. L’importante è che resti memorabile.
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